L’EMOZIONE NON HA VOCE
Perché l’associazione si chiama “L’Emozione Non Ha Voce?”
L’associazione “L’emozione non ha voce” è una ONLUS che si occupa di autismo. Fondata nel 2013 da un gruppo di genitori che hanno deciso di far leva sull’emozione per aiutare i propri figli a combattere questa malattia, una sorta di piaga moderna, che disturba la relazione sociale, affettiva sino al punto da isolare questi ragazzi dal mondo esterno, renderli “monadi” con cui è arduo comunicare.
L’emozione, come spiega il vocabolario, è “un sentimento molto forte di eccitazione, turbamento, commozione” che ha un effetto positivo sulle persone. Le apre al mondo esterno e soprattutto le motiva ad agire, accende la loro intelligenza e la voglia di vivere. Noi vogliamo agire sull’emozione per poter comunicare con le persone affette da autismo. Abbiamo incontrato sulla nostra strada il maestro Mogol che ci ha suggerito l’uso del titolo di una sua celebre canzone e condivide la nostra intuizione.
IL NOSTRO PROGETTO DI IPPOTERAPIA E L’INNOVAZIONE DEL TREKKING A CAVALLO
Forti di questo convincimento, abbiamo inserito al primo posto delle nostre attività l’ippoterapia. Perché proprio il cavallo?
Perché il rapporto tra uomo e cavallo ha alla base proprio l’emozione di poter cavalcare, domare, utilizzare uno degli animali più belli ed eleganti che la natura ci offre. La nostra civiltà è nata e si è sviluppata proprio grazie a questo rapporto con il cavallo. Salire in sella, sentire sotto di sé la potenza di un corpo vivo pulsante che al tuo comando si muove, galoppa, ti porta lontano e ti fa sentire “signore” che dall’alto osserva e guida, è una emozione che si rinnova sempre, ed è alla base di quel sentimento di affetto e di rispetto che si instaura tra cavaliere e cavallo. Noi pensiamo che questa emozione possa scattare anche in un ragazzo autistico nonostante sembri vivere in un’altra dimensione. Da questa considerazione abbiamo sviluppato un progetto di ippoterapia che è andato oltre ad un utilizzo del cavallo per qualche ora nel recinto di un maneggio. Abbiamo realizzato il trekking a cavallo di più giorni nel cuore verde d’ Italia, dal Lazio fino all’Appennino modenese. Un progetto ambizioso, di cui siamo fieri perché, fino a prova contraria, siamo stati i primi a realizzarlo nel nostro Paese. Il progetto “Cavalcando l’autismo” si è svolto in tre anni, in estate, con tappe nel Lazio, in Umbria, in Toscana, fino all’ Emilia, con l’impegno di portare i ragazzi a cavallo ogni volta per una settimana intera, lontani dai genitori e affidati a operatori e cavalieri che hanno lavorato sulla loro autonomia. Abbiamo trasformato i nostri ragazzi in veri cavalieri che hanno attraversato, boschi, sentieri tra i campi coltivati, hanno guadato un fiume (il Treja nel Lazio), hanno superato passi di montagna, continuamente sollecitati ad osservare luoghi bellissimi mai visti prima, lontani da mamma e papà.
Soprattutto abbiamo reso i nostri ragazzi consapevoli di dover guidare un grosso animale che era sotto il loro comando. La loro giornata era strutturata in maniera tale da controllare la loro ansia e accrescere la loro fiducia nel poter stare senza i genitori, circondati dall’ affetto e dalla sollecitudine dei loro accompagnatori. La partenza avveniva molto presto, con la cura e il foraggio per il cavallo, poi la cavalcata per tutta la mattinata, con soste in posti ombrosi e pranzo al sacco. Il resto della giornata si svolgeva in agriturismi, da noi prenotati lungo il percorso, tutti rigorosamente con la piscina, cene con tanto buon cibo, e poi a letto. In genere i ragazzi autistici hanno un pessimo rapporto con il sonno ma la settimana a cavallo regolarizzava il ritmo veglia-sonno, e li rendeva, con il passare dei giorni, più sicuri e più curiosi.
Queste settimane di trekking a cavallo di circa 100 chilometri ciascuna hanno avuto un buon riscontro sulla stampa e in televisione, con servizi della Rai. Citiamo quello da Avigliano Umbro, arrivo della prima edizione di “Cavalcando l’autismo”, dove Mogol ci ha accolto nella sua tenuta che, peraltro, è sede di una scuola musicale di fama internazionale, il CET.
Abbiamo dimostrato, in sostanza, che i ragazzi autistici possono fare con successo attività che sembrano a loro negate, possono provare il piacere di stare in sella e avere un rapporto empatico con il cavallo. Soprattutto dominano le loro ansie e controllano le loro stereotipie. Quando li abbiamo “riconsegnati” ai genitori, più di uno ha detto “mio figlio è cresciuto”.